Storia e curiosità di Pietragalla

Storia e curiosità di Pietragalla

Sulle origini del nome ci sono diverse teorie.

Il villaggio è stato costruito sulla roccia (pietra). Secondo alcuni studiosi la pietra sarebbe bianca (in greco gal significa chiaro), secondo altri semplicemente gialla (galla). Le case sono costruite di tufo locale ( un mix di arenarie) facilmente lavorabile che ha un colore che tende al giallino…

Un altro significato attributo al nome è Pietra nel  Bosco (dal medioevale gualdus = bosco) Difatti andando in giro per boschi, si possono notare immense “pietre” che spuntano dalle foreste pietragallesi e che spesso sono state anche usate per diversi scopi.

I primi insediamenti nella zona risalgono all’epoca delle guerre tra lucani e greci, come testimoniano il rinvenimento sul monte Torretta di resti di un nucleo abitato datato dall’undicesimo al terzo secolo a.C.  Nel corso del Medioevo Pietragalla seguì le vicende politiche e militari dei territori circostanti: infeudata a più signori, accolse i superstiti della vicina Casalaspro, distrutta da un terremoto nel 1456. Possedimento anche di altre nobili famiglie, verso la metà del XVII secolo fu acquistata dai Melazzi, che assunsero il titolo di duchi. Nel 1861 si distinse per la gloriosa resistenza opposta ai briganti, formazioni capitanate da Carmine Crocco e José Borjes. Il paese fu in parte saccheggiato. Popolazione e guardie nazionali opposero una resistenza accanita arrecando numerose perdite agli assalitori. Giunti i soccorsi, i briganti furono costretti a ritirarsi su Castel Lagopesole, dove cercarono di riordinarsi.

Il Consiglio Provinciale della Basilicata dell’11 gennaio 1862, nel considerare eroica la resistenza di Pietragalla, dichiarò i cittadini di Pietragalla “Benemeriti della patria” e fu loro donata la bandiera tricolore dalla guardia nazionale.

La principale storia e le tradizioni di Pietragalla si basano comunque  su due elementi fondamentali e fortemente interconnessi, ovvero la “pietra” e la ruralità.

Il simbolo della civiltà contadina del piccolo paese sono i Palmenti. I Palmenti sono costruzioni semi-ipogee scavate nella roccia arenaria.

Il nome deriva dal latino “Paumentum”, che indica l’atto della pigiatura. Non manca chi, invece, preferisce fare riferimento al termine, sempre latino, “palmes“, il tralcio della vite

I palmenti, sono nascosti da una vegetazione spontanea che cresce sul loro tetto. Sorsero in una zona che  fu scelta per l’ottima esposizione delle colline e per la natura del terreno che ne facilitava la coltivazione.

Tutta l’area presenta un’estensione di circa duecento ettari. Sono serviti fino agli anni ‘60 come luogo per la pigiatura dell’uva e la fermentazione del mosto. I primi palmenti probabilmente videro la luce nell’800. Fino alla fine degli anni 60 ogni famiglia ne possedeva uno e, pigiando l’uva con i piedi, produceva il proprio vino, che vendeva con successo. Oggi ne sono rimasti 200, di cui più della metà recuperati dal Comune allo scopo di conservarne la tradizione. Attualmente solo in un palmento si vinifica ancora.

Oggi, anche se la lavorazione dell’uva è meno attiva rispetto al passato, rimane il lavoro simbolo per gli abitanti di Pietragalla. I Palmenti sono i testimoni fisici di una tradizione lucana che deve essere gelosamente custodita nel tempo. Ammirando queste curiose e interessanti costruzioni, esse sembrano appartenere ad una favola con elfi e folletti. I “palmenti” di Pietragalla, sembrano una fedele rappresentazione di Hobbiville, la città di Frodo e Sam. Non si può non pensare alla Contea del Signore degli Anelli, quando si arriva al Parco dei Palmenti di Pietragalla: una Hobbiville in piena regola, con tanto di grotte e casette ricoperte di prato e vegetazione verde brillante!

Per rimanere in tema occorre citare Giambattista Basile che ha scritto “Lo cunto de li cunti”, summa fantastica da cui hanno attinto a pieno mani i fratelli Grimm, Perrault e Andersen. I luoghi descritti sono in buona parte lucani. La prima fiaba del quarto libro di Basile s’intitola,  “la Pietra del Gallo”, rimando necessario e neppure tanto anagrammato a Pietragalla. Qui, si snoda il racconto di Mineco Aniello. Il ragazzo ottiene la pietra della giovinezza ma la perde a causa di due maghi. Riuscirà a recuperarla altrove, nella bella Pertosa, ovvero Pietrapertosa.