Storia e curiosità di Ostuni

Storia e curiosità di Ostuni

Chiamata anche “Città Bianca”, “la Terra”, “Città Presepe”, “Regina degli Ulivi” Ostuni è una città millenaria.

Sulle origini del nome ci sono varie teorie: probabilmente, deriva dall’eroe eponimo Sturnoi, compagno di Diomede, che dopo la Guerra di Troia l’avrebbe fondata; successivamente i Romani la chiamarono “Sturninum“. Il termine tuttavia potrebbe anche provenire dal  messapico o più probabilmente dal greco  ástu néon, ( ástu = cittadella fortificata, e néon = nuova). Oppure potrebbe essere che il nome Ostuni nella forma dialettale “Sctún” derivi dalla parola araba Zeitoun che significa Olive o Ulivi.

Il territorio di Ostuni era già frequentato nel paleolitico medio (50.000-40.000 anni fa). La zona collinare, sede di numerose grotte, offriva perfetti rifugi naturali per le primitive comunità umane.

Nel paleolitico superiore le tracce di presidi umani diventano più consistenti: gli scavi effettuati hanno permesso il rinvenimento di reperti ossei e ceramici. Tuttavia, la testimonianza più eclatante rimane il ritrovamento dello scheletro della “donna di Ostuni“, una donna di circa 20 anni prossima al parto e del suo feto, scoperta nel 1991. Il corpo, deposto in una grande buca, è in posizione contratta, col capo ricoperto da una sorta di cuffia composta da centinaia di piccole conchiglie.

Il primo nucleo cittadino fu fondato dai Messapi, un’antica popolazione illirica che si stanziò nel Salento nel VII secolo a.C.; i Messapi furono abili costruttori di strade e città e scelsero l’ubicazione per la città in cima a un colle dalle pareti molto ripide (murex in latino, da cui proviene per l’appunto il termine Murgia) molto interessante dal punto di vista strategico. Ostuni fu rasa al suolo durante la prima guerra Punica, per essere poi ricostruita per mano dei Romani.

Con la disgregazione dell’Impero d’Occidente, Ostuni, come il resto d’Italia fu percorsa da Ostrogoti, Longobardi, Saraceni. Durante il periodo bizantino, nell’876 diventò diocesi e diede rifugio ai monaci basiliani provenienti da Siria ed Egitto; minacciati dall’espansione araba, ma soprattutto dall’iconoclastia, i monaci si rifugiarono nelle stesse grotte che avevano dato rifugio agli uomini preistorici.

Fra l’XI e il XII secolo i Normanni conquistarono gli insediamenti bizantini in Puglia unificandoli sotto la contea di Puglia istituita Roberto il Guiscardo e poi divenuta ducato di Puglia. I Normanni intensificarono inoltre la coltivazione dell’olivo e provvidero a stabilire con precisione i confini della città.

 Con gli Svevi Ostuni si sviluppò notevolmente. Federico II di Svevia intese liberare Ostuni dai suoi vincoli feudali e prendere sotto la sua diretta e particolare protezione la città facendo del suo castello assieme a quelli di Oria, Taranto e Brindisi perno della difesa imperiale in Apulia e rendendolo esente da tasse e controlli di funzionari.

È l’imperatore Federico II di Svevia a dare la maggiore spinta propulsiva per lo sviluppo del casale

Ostuni si aprì al commercio con gli Angioini, i quali costruirono nuove fortificazioni per la città e rifondarono, sulle rovine dell’antica Petrolla, il porto di Villanova (la frazione costiera del paese).

Ostuni fu circondata da nuove mura con torrioni circolari in periodo aragonese: furono aperte quattro porte, delle quali oggi se ne conservano solo due, Porta Nova e Porta San Demetrio.

Tra la fine del XV e i primi decenni del XVI secolo gli esponenti di spicco della comunità ebraica di Ostuni si distinsero nel commercio di prodotti tessili. La comunità nel suo complesso era una delle più floride della Terra d’Otranto e non fu esente da persecuzioni da parte dei cristiani.

Nel 1506 Ostuni passò al ducato di Bari di Isabella d’Aragona. Sotto il dominio spagnolo cominciò così il periodo d’oro della città, sia dal punto di vista economico che culturale.

Ma nel XVII secolo cominciò una fase di declino: nel 1639 Filippo IV d’Asburgo, a fronte dei debiti per la guerra dei trent’anni, vendette Ostuni agli Zevallos, una famiglia di mercanti. Nel periodo della peste Ostuni fu però risparmiata grazie all’uso di imbiancare le abitazioni con la calce, disinfettante naturale. Questa pratica non solo bloccò il contagio, ma, protrattasi nel tempo, rende ancora oggi la Città Bianca così peculiare a distanza di secoli.

Successivamente arrivarono i Borboni. Durante quasi due secoli di dominio spagnolo gli ostunesi tentano più volte di opporsi, finché nel 1799 proclamano la città libera e repubblicana. II Congresso di Vienna segna il ritorno dei Borboni, ma anche la fioritura di sezioni della Carboneria e poi della Giovane Italia. Il 26 agosto 1860, a pochi giorni dalla partenza di Garibaldi da Messina, Ostuni – prima città della Puglia – abbatte gli stemmi borbonici e fa sventolare il tricolore.

Dal secondo dopoguerra a ora, la città è diventata una rinomata meta turistica, riuscendo a valorizzare i suoi beni culturali, storici e architettonici.

La caratteristica più peculiare del centro storico, rimane l’imbiancatura a calce delle case fino ai tetti. L’uso, deriva dalla facile reperibilità della calce come materia prima e dalla necessità, oltre, che igienica, di assicurare alle viuzze e agli ambienti ristretti di impianto medievale una maggiore luminosità, data dalla luce sia diretta che riflessa. Questa luce avrebbe anche accecato i nemici provenienti dal mare, pronti ad attaccare.

Tra le tante leggende pugliesi, c’è quella della Tavola dei Paladini ad Ostuni

Il Salento è ricco di Dolmen (dol=tavola e men=pietra) o Menhir (men=pietra e hir=lunga), vestigia risalenti al neolitico che erano venerati dalle popolazioni di un tempo, tanto che la Chiesa dovette faticare a lungo per sradicare tali credenze ed imporre il culto del Dio Unico. Alcuni furono smantellati, ma visto lo scarso successo dell’iniziativa, le autorità ecclesiastiche si rassegnarono a cristianizzarli, apponendo sulla sommità dei menhir delle croci metalliche oppure incidendole sulla superficie. Per tale motivo presero il nome di “Sanna”, derivato da “Osanna”.

Ogni singolo menhir conserva una leggenda relativa alla sua costruzione o a favolosi tesori nascosti, custoditi dagli spiriti abitanti nelle pietre stesse. Il dolmen che è dislocato ad Ostuni per le sue dimensioni, viene denominato “Tavola dei Paladini”. Per la sua erezione si arretra nel tempo, sino a quando sulla terra vivevano i Giganti. Si racconta infatti, che un giorno alcuni Giganti organizzarono fra loro una singolare sfida, finalizzata a scoprire chi fosse capace di costruire una tavola grande quanto una casa. Alcuni sollevarono delle immense pietre e le portarono sul luogo prescelto, conficcandole nel terreno senza grande fatica. Queste pietre costituivano le pareti del dolmen, tuttavia mancava la lastra superiore ma essi non si preoccupavano perché, a loro avviso, nessuno sarebbe stato capace di elevarne una così grossa. Invece l’ultimo Gigante, a quanto pare un tipo schivo e taciturno, riuscì a sollevare un’enorme lastra litica ed a lanciarla a distanza sulle pareti della tavola, nella posizione che ancora oggi conserva. Inutile dire che gli altri, a malincuore, dovettero rassegnarsi ad incoronarlo vincitore della sfida ….