Storia e curiosità dei Laghi di Monticchio
Storia e curiosità dei Laghi di Monticchio
Nell’Epoca Pleistocenica, circa 800.000 anni fa, nell’attuale Basilicata nord orientale tre grossi laghi si svilupparono a seguito della formazione del vulcano che con la sua attività dominerà per almeno 500.000 anni la zona, il Monte Vulture.
I paleolaghi che si formano, (ovvero laghi esistiti in passato ma ormai scomparsi) sono il lago di Melfi, quello di Venosa e il più importante lago di Atella. E’ il periodo delle glaciazioni e la calotta polare si estende fino all’odierna Germania, mentre i ghiacciai si spingono molto più a sud fino al Monte Sirino, testimonianza più meridionale delle glaciazioni pleistoceniche.
Nel territorio del Vulture viveva un nostro diretto antenato, il suo aspetto era molto simile a quello di un gorilla, si tratta dell’Homo Erectus. Assieme all’homo Erectus popolavano il territorio diverse specie di mammiferi, come il Bisonte e il Cervo, alcune delle quali adesso estinte, come l’Elefante dalle zanne dritte (Elephans Antiquus) o l’Uru, progenitore del Bue.
Il freddo e le condizioni avverse spingono l’Homo Erectus ad insediarsi in luoghi più accoglienti come le rive del lago di Atella, dove le uniche attività economiche praticabili sono costituite dalla raccolta dei vegetali e dalla caccia ai grandi mammiferi richiamati dalla presenza dell’acqua.
Il vulcano domina la valle e condiziona la vita dell’habitat e dei suoi abitanti.
I prodotti delle continue eruzioni si sedimentano nel lago fino a riempirlo completamente provocandone la tracimazione delle acque nella valle dell’Ofanto. Alla fine della Glaciazione di Mindel (300.000 anni fa) il lago è completamente svuotato ed il vulcano è ormai spento.
Le ultime fasi esplosive del vulcano lasciano un segno indelebile, la formazione di una caldera, ovvero di una depressione di forma grosso modo circolare che attualmente ospita i meravigliosi laghi di Monticchio, il Lago Grande e il Lago Piccolo. Laghi senza immissari, ma alimentati dalle precipitazioni atmosferiche e dalla risalita dell’acqua presente all’interno del monte, ovvero all’interno di una falda acquifera sottostante.
Il Monte Vulture, dal latino Vultur (=Avvoltoio) è stato per centinaia di migliaia di anni il “padrone” dell’area, ma in realtà il suo dominio non è ancora finito, egli infatti impera ancora con la sua imponenza il paesaggio circostante ed è fonte naturale di ricchezza per la zona. Nelle sue terre si producono vini pregiati, oli di altissima e acque minerali sgorgano continuamente dalle sue sorgenti.
Dall’ultimo fuoco del vulcano avvenuto circa 125.000 anni fa, il paesaggio vivente si è costruito lentamente, attraversando le glaciazioni e la storia naturale dell’uomo. Una piccola farfalla notturna è riuscita a resistere a tutti i cambiamenti ed è ancora oggi testimone d’eccezione del periodo miocenico. Possiamo considerarla un fossile vivente!
E’ la Bramea europea che nel bosco del Vulture, trova ancora oggi, dopo milioni di anni, il suo habitat.
Diverse le curiosità e leggende di questi luoghi.
Il monastero di San Michele si può raggiungere tramite un caratteristico sentiero che si sviluppa nei boschi, scenario di mille e mille racconti. Infatti, sono transitati i soldati cartaginesi di Annibale (durante la Seconda Guerra Punica) e hanno offerto rifugio ai briganti, tra cui Carmine Crocco, comandante di circa 2000 uomini, ma non solo. Nel fitto groviglio dei rami sono stati visti aggirarsi maghi e fattucchiere. Secondo la tradizione, in loco, è possibile incontrare lo spiritello dispettoso detto “Munaccid”. Si tratta delle anime di bambini defunti prima di essere battezzati che, ad esempio, amano prendersi gioco di chi dorme supino, schiacciandogli l’addome. Per scacciarli, bisogna rubare loro il cappello. Pur di riaverlo, saranno disposti a pagarlo in monete d’oro.
Un altro racconto riguarda le ninfee ed ha per protagonista una giovane vergine che, mentre stava raggiungendo l’abbazia di San Michele, fu insidiata da un cavaliere che non era altri se non il diavolo, sotto mentite spoglie. A salvarla da un triste destino fu l’Arcangelo, che la prese in sella al suo cavallo e riuscì a seminare il demonio cavalcando sulle acque, grazie alle ninfee che spuntavano sotto gli zoccoli del suo destriero. Quando, invece, fu la volta di Satana, le piante scomparirono, costringendolo ad abbandonare l’inseguimento perché spaventato dalla purezza lacustre.
Un’altra curiosità riguarda la bellissima Badia San Michele che, facendosi spazio tra gli alberi, si specchia ogni giorno nelle acque del lago piccolo e che pare sia stata nominata ne “I promessi Sposi” del Manzoni.
La storia della Badia comincia intorno al X secolo con l’arrivo a Monticchio dei monaci basiliani, anche se è verso la fine del ‘500 che le strade dei laghi e quella di Renzo e Lucia sembrano intrecciarsi, ovvero nel momento in cui la Badia viene ricevuta in commenda dal Cardinale Federico Borromeo, più volte citato da Manzoni nel suo capolavoro. Ci sarebbero inoltre numerose citazioni che andrebbero a richiamare inequivocabilmente la zona dei laghi; tuttavia, bisogna precisare che tutte queste ipotesi troverebbero riscontro nella prima e meno famosa edizione del capolavoro manzoniano, meglio nota come “Fermo e Lucia”.
La zona dei laghi avrebbe ospitato un altro personaggio di rilievo: un’altra leggenda, infatti, vuole che tra i boschi di Monticchio abbia trovato rifugio “Crocco”, uno dei leader del brigantaggio lucano, scatenatosi all’indomani dell’occupazione piemontese durante il lungo percorso che portò l’Italia ad essere un paese unito dal punto di vista politico.
In ogni caso le leggende e i misteri che avvolgono la zona dei laghi, non devono far passare in secondo piano la realtà di questo meraviglioso posto, che da decenni attrae turisti da tutta Italia e non solo: oggi la zona del Vulture ha assunto una rilevanza internazionale, soprattutto grazie alle ottime acque minerali bevute e apprezzate in tutto il Paese.