Maria Santissima della Bruna, è la protettrice della città. È per lei che ogni anno si attende l’arrivo del 2 luglio, il giorno in cui la Vergine viene celebrata e festeggiata, la giornata più lunga dell’anno in cui la città dei Sassi si veste di festa e religiosità.
Causa pandemia per ben due anni non si sono potuti svolgere i riti religiosi e folcloristici. Finalmente quest’anno la città ritorna in festa!
La leggenda narra che tutto avrebbe avuto inizio in una torrida sera di luglio, quando un contadino rincasando sul suo carretto fu fermato da una giovane donna che gli chiese un passaggio. L’uomo accettò titubante. Durante il tragitto un senso di gioia lo pervase ma, giunti alle porte della città, chiese alla donna di scendere vicino la chiesa di Piccianello poiché a quell’epoca era impensabile che due sconosciuti di sesso diverso potessero restare insieme da soli. La giovane accettò ma, prima di andar via, lo salutò pronunciando queste parole “Così, su un carro molto ben addobbato, voglio entrare ogni anno nella mia città” e gli lasciò un messaggio con cui venivano invitati il vescovo, il clero e i nobili di Matera a recarsi in quel punto. Quando costoro accorsero trovarono una statua ad attenderli, Maria Santissima della Bruna. Il carro del contadino improvvisamente si trasformò in un tripudio di decorazioni e luci al centro del quale trionfava la sacra effigie. Il carro fu trainato fino in centro, davanti alla Cattedrale. Qui, furono fatti tre giri, come a voler consegnare alla Bruna le sorti della città.
Altre due leggende ruotano attorno alle origini del rito. La prima spiega lo “strazzo” (l’assalto) del carro con l’intento dei materani di nascondere ai saraceni le immagini sacre. Distruggevano il carro per evitarne il saccheggio. La seconda, invece, riporta la distruzione del carro al tentativo del popolo materano di convincere il proprio signore, il Conte Tramontano, a mantenere la promessa di costruire un carro nuovo ogni anno.
All’appellativo “della Bruna” sono state invece assegnate diverse derivazioni. In passato lo si faceva desumere dal colore scuro dell’incarnato delle figure affrescate, alcuni deducono il titolo dalla terra nera, altri dalla parola longobarda brùnja, “corazza”, dunque “difesa”, altri per i suoi bei capelli bruni e ricci. Il nome appare nei documenti storici solo agli inizi degli anni venti del Cinquecento; fino ad allora la Madonna era denominata semplicemente “Santa Maria” o “Santa Maria dell’Episcopio” o “Santa Maria di Matera”.
Fonti storiografiche, indicano il 1389 come data d’inizio della festa. Fu allora, infatti, che Papa Urbano VI istituì la processione per la Festa della Madonna della Bruna, mentre nel 1690 compare il primo carro trionfale, e solo nel 1880 viene riproposta la distruzione del carro che giunge poi fino ad oggi.
Anche le statue sono due: la più antica risale al 1792 e nella seconda metà dell’Ottocento ne fu acquistata un’altra. Così, la prima statua è utilizzata solo sul carro trionfale, per poi scomparire in una cappella adiacente alla cattedrale. Mentre la seconda è portata in processione, durante le altre fasi della festa ed è sempre in esposizione per la venerazione dei fedeli.
I materani veraci giustificano questo cambio dicendo che la seconda statua aveva paura della confusione e dei cavalli!
Storia e leggenda, sacro e profano, spiritualità e folklore convivono e si mescolano nella festa della Bruna che resta, col suo 2 luglio, il giorno più lungo e importante per i materani.
La Festa inizia all’alba con la Processione dei Pastori, introdotta su iniziativa della Fratellanza o Confraternita dei pastori (costituita il 5 aprile 1698) per offrire la possibilità di partecipare alla festa della Bruna di buon mattino ai pastori che, per dover poi accudire gli animali, non potevano sospendere quel lavoro neanche nel giorno della principale ricorrenza annuale.
A metà giornata si svolge la processione al carro dalla cattedrale alla chiesa parrocchiale del rione Piccianello, ubicata nei pressi della fabbrica del carro. Il corteo è caratterizzato dalla presenza dei Cavalieri della Bruna in costume e da carrozze d’epoca, su una delle quali viene collocata l’immagine della Bruna, mentre su un’altra prende posto l’arcivescovo recando su un piccolo trono quella di Gesù Bambino.
A metà pomeriggio del 2 luglio si svolge un rito che precede la processione serale e che ha grande valore simbolico. Le due immagini, depositate momentaneamente nella chiesa parrocchiale di Piccianello, vengono prelevate e portate, ancora separate, al luogo lì vicino dove per sei mesi è stato costruito il maestoso carro di cartapesta; la statua della Madonna viene fatta passare attraverso la porticina della torre posteriore cava, l’immagine di Gesù Bambino viene nuovamente fissata sul suo braccio sinistro e, mediante l’uso di un ascensore manuale, la Bruna col Figlio divino emerge dalla torre, apparendo nel punto più alto della costruzione.
ll carro, con l’aiuto di corde robuste, viene trascinato a braccia fino alla vicina Piazza Marconi; al tramonto, poi, esso si avvia trainato da otto muli e preceduto da un corteo formato dalla “bassa musica”, dalla Cavalcata, dalle autorità, dal clero diocesano e dalla banda musicale. La processione procede lentamente tra una folla immensa, effettuando frequenti soste di preghiera e giunge in Piazza Duomo quando è sera inoltrata per compiere tre giri intorno alla piazza, onde invocare la protezione sulla città.
Ricollocata la Madonna in Chiesa, il carro riprende il percorso che lo porterà alla sua distruzione
La tensione cresce a mano a mano che esso compie a ritroso parte del precedente percorso, difeso strenuamente dagli Angeli del carro e dalle forze dell’ordine per scongiurare preventivi assalti. Un momento adrenalinico che raggiunge il culmine quando, giunto in Piazza Vittorio Veneto, viene assaltato e smembrato, lasciando nuda la sua permanente ossatura di legno. Da secoli il carro della Bruna muore e rivive sempre con l’auspicio che il nuovo sia più bello e più sontuoso dei precedenti.
“A mogghj a mogghj all’onn c’ vaèn” ovvero “ogni anno faremo meglio “
Questo è il detto tipico materano propiziatorio
La lunga giornata termina dopo la mezzanotte con un meraviglioso spettacolo pirotecnico sulla Murgia Timone, scenario senza uguali, fino alle prime ore del 3 luglio.
La festa è finita.
‘’ S’m r’mes como o dij d ligghj ‘’ ovvero “siamo rimasti come il 2 di luglio” diranno i materani per esprimere un pizzico di delusione per la festa già terminata, ma allo stesso tempo con la voglia di rimettersi a lavorare per l’edizione dell’anno successivo.
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