Storia e curiosità di Aliano
Storia e curiosità di Aliano
Il nome del borgo deriva dal latino Praedium Allianum, cioè podere di Allius, gentilizio romano. Data la vicinanza ai fiumi Agri e Sinni, sin dall’antichità fu centro importante di scambi tra la civiltà greca, etrusca ed enotria, come testimoniato dalla scoperta di una necropoli risalente ad un periodo compreso tra il VIII ed il VII secolo a.C., contenente più di mille tombe e numerosi reperti. Tali reperti sono ora custoditi nel Museo della Siritide di Policoro. Altre fonti parlano di un borgo di pastori esistente e già sviluppato ai tempi di Pirro, nel 280 a.C.
Tuttavia i primi testi in cui viene ufficialmente citato Aliano sono datati al 1060, anno in cui risale una bolla papale che attribuiva al vescovo di Tricarico l’amministrazione del borgo. Nell’VIII secolo le diverse grotte scavate nelle rocce sedimentarie di origine alluvionale ubicate nella zona di fosso San Lorenzo, già abitate in età preistorica, ospitarono numerosi monaci basiliani sfuggiti alle persecuzioni iconoclaste in Oriente. In epoca medioevale Aliano fu feudo di diverse famiglie, tra cui i Sanseverino, i Carafa ed i Colonna. Questi ultimi ebbero il titolo di principi di Aliano, di cui rimasero signori fino alle leggi eversive della feudalità.
Nel 1660 subentrò Ramiro de Gusman, duca di Medina Las Torres, viceré di Napoli che sposò Anna Carafa. Il periodo passato sotto i Gusman fu triste per Aliano e i sudditi dovettero pagare tante nuove tasse
Nel 1708, Aliano passò nelle mani di Ferdinando Colonna.
A Ferdinando Colonna o Eligio della Marra, viene attribuita la leggenda dell’uccisione del drago che nei tempi passati terrorizzava le popolazioni delle valli dell’Agri e del Sauro. Il drago abitava in una grotta vicino al fiume e divorava i contadini, riempiva le terre del suo fiato pestilenziale, rapiva le fanciulle, distruggeva i raccolti. Non si poteva più vivere nei paesi della valle. I contadini avevano cercato di difendersi, ma non potevano far nulla contro quella bestiale potenza mostruosa. Ridotti alla disperazione, costretti a disperdersi come animali su per i monti, pensarono infine di rivolgersi per soccorso al più potente signore dei luoghi, al principe Colonna. Il principe venne, tutto armato, sul suo cavallo, andò alla grotta del drago e lo sfidò a battaglia. Ma la forza del mostro, dalla bocca che lanciava fuoco e dalle enormi ali di pipistrello, era immensa e la spada del principe pareva impotente di fronte a lui. A un certo momento, quel valoroso si sentì tremare il cuore, e stava per darsi quasi alla fuga o per cadere fra gli artigli del drago, quando gli apparve, vestita di azzurro, la Madonna, che gli disse con un sorriso: – Coraggio, principe Colonna! E rimase da una parte, appoggiata alla parete di terra della caverna, a guardare la lotta. A questa visione, a queste parole, l’ardimento del principe si centuplicò, e tanto fece che il dragone cadde morto ai suoi piedi. Il principe gli tagliò la testa, ne staccò le corna, e fece edificare una chiesa perché vi fossero per sempre conservate”.
Questa leggenda è riportata persino da Carlo Levi nelle pagine del “Cristo si è fermato a Eboli” che negli anni 1935-36 fu condannato al confino in Basilicata prima a Grassano e successivamente ad Aliano, a causa della sua attività antifascista. Carlo Levi, medico e pittore torinese, ad Aliano (che nel libro viene chiamata Gagliano, imitando la pronuncia locale), ebbe modo di conoscere la realtà di quelle terre e della sua gente e decise di raccontarle nel suo libro. Lo scrittore nelle sue ultime volontà espresse quella di essere seppellito proprio ad Aliano “tra i suoi contadini”. Nel paese sono ancora intatti tutti i luoghi descritti nel romanzo e nei vicoli sono impresse alcune frasi simbolo del libro. Levi ebbe qui l’occasione di scoprire un’altra Italia che era, appunto, quella contadina del Mezzogiorno.
Tra le leggende legate ad Aliano, va menzionata quella del Fossa del bersagliere.
Il burrone che circonda da un lato il centro storico di Aliano, è così chiamato per la leggenda secondo la quale un bersagliere piemontese, superstite della battaglia di Acinello combattuta il 9 novembre 1861, sarebbe stato prima accolto dagli alianesi e poi fatto precipitare nella fossa per aver importunato alcune donne del posto. Un’altra tesi vuole che sia stato un alianese geloso a gettarvi il bersagliere. Carlo Levi ne fu sempre affascinato tanto da dipingerlo su una tela e menzionarlo nel “Cristo si è fermato a Eboli”.